"Punizione esemplare" di Roberto Ugolini

«Non abbiamo più nulla da dirci». Stavo rileggendo nuovamente il messaggio di Valeria quando ho pestato un escremento fresco fresco uscito dal segugio a pelo raso che mi precedeva di una dozzina di metri. La materia era imprigionata nella mia suola come un terrorista yemenita a Guantanamo. Sarebbe servita dell’erba, ma lì intorno vedevo solo cemento. Allora avevo deciso di strisciare le scarpe contro il muro esterno del tribunale, lasciando la mia personale firma proprio lì, di fianco alla scritta DIO C’È fatta con lo spray.

Mentre mi accertavo del buon esito della manovra, si palesava il Comandante Carlo Franzese della Polizia Municipale in giro di routine per punire il degrado nelle zone urbane.

«Non vorrà multarmi per questo?».

«Ma no! Le pare? Lei ha notevoli capacità artistiche! Tenga».

 

Non molti giorni prima avevo perso il lavoro. Era l’ennesimo impiego precario trovato tramite agenzia interinale. Per qualche settimana avevo fatto il promoter vestito da orso per conto della Federazione Apicoltori Italiani, finché un giorno non ho perso la pazienza e rifilato un calcio all’ennesimo moccioso che aveva provato ad abbracciarmi. Non avevo quindi molte alternative, avevo così deciso di prendere il biglietto da visita che avevo in tasca e chiamare:                

«Pronto Comandante Franzese?».

«Presente e operativo, con chi parlo?».

«Sono Montoni, quello del muro. Accetto la sua proposta».

«Molto bene, passi da me domani».

Nonostante la posizione di rilievo nella Polizia Municipale, Franzese aveva sempre coltivato la sua vera passione, fino a diventare il direttore artistico della Galleria d’arte contemporanea. Mi spiegava che voleva fare il salto di qualità, l’idea era quella di alternare le esposizioni con delle performance dal vivo. Cercava però qualcosa di fortemente provocatorio. Questa era la sua trovata d’autore:

«Facciamo sfilare i cani lungo il foyer e aspettiamo che defechino, a quel punto entri in scena tu, l’artista, pesti gli escrementi col piede e cominci a dipingere la tela».

Era davvero convinto.

«Qualcosa tra il dadaismo e l’Art Brut, è da un pezzo che ci penso. Lo avrei fatto io in persona ma, sai, la mia posizione…».

«Capisco, capisco. Con le scarpe vero?».

«Con le scarpe non ci sarebbe la teatralità che ricerco, voglio un impatto molto molto forte, capisci?».

«Capisco, capisco».

«Voglio rappresentare la merda dei cani non come deturpamento, ma come qualcosa di speciale: la defecazione come un atto di creazione primigenio, gli escrementi come materiale puro per la creatività dell’uomo, capisci?».

«Capisco, capisco».

A dire il vero a me interessava solo il lato economico della faccenda. Visto l’impegno richiesto mi aspettavo un cospicuo riconoscimento. Senza che chiedessi nulla, la rassicurazione del Comandante non aveva tardato ad arrivare.

«Senti, la questione è questa: con roba così potente puoi fare il botto. La cosa difficile, di solito, è trovare lo spazio per esibirsi, e noi te lo diamo gratis! Non saremo noi a farti guadagnare, saranno i critici. Con una performance così sconvolgente salterai subito all’onore delle cronache. Venderai molto, ma molto bene le tue opere e - soprattutto - guadagnerai in visibilità. Diventerai una firma importante, vedrai, vedrai».

Ci eravamo rivolti al canile, dove c’era gente che doveva più di un favore al Comandante. Senza tante domande ci avevano fornito due meticci di taglia grande, così da non trovarci poi a corto di materiale, e ci eravamo fatti anche un’abbondante scorta di crocchette anti-stipsi. Per raggiungere il giusto affiatamento con gli amici pelosi Franzese aveva deciso farli dormire a casa mia per tutto il periodo delle prove.

Ogni giorno ci incontravamo nel suo garage per provare. Prima di iniziare Franzese piantò la telecamera perché intendeva immortalare il processo creativo.

«Ci faremo un DVD con i contenuti extra, saranno delle chicche che venderemo care, vedrai, vedrai». Passate le prime nausee, tela dopo tela, cominciavo a prenderci gusto. Iniziavo a produrre cose interessanti. Con i cani avevo ormai un buon feeling, sapevo a che ora servire loro il pasto e sapevamo come stimolarci a vicenda. Eravamo ormai una equipe ben coordinata che faceva della solidità la sua forza.

La grande data era stata fissata e c’era un certo entusiasmo. Franzese aveva fatto preparare con cura minuziosa tutto il materiale promozionale per l’evento. Mi aveva chiamato in ufficio per le ultime pratiche burocratiche.

«Firma questa, è la liberatoria per la privacy».

e poi aveva alzato lo sguardo per dirmi con voce non troppo accorata:

«Senti, dobbiamo far fuori i cani. Avremo un pubblico abbastanza snob e non possiamo portare in scena dei bastardini, lasciali in tangenziale».

Il giorno seguente, alle luci dell’alba di un desolato lunedì, li caricai sul sedile posteriore della mia vecchia FIAT e mi diressi verso la circonvallazione esterna che porta al casello autostradale. Aprii la portiera per farli scendere e mi accorsi dell’ultimo regalo che mi avevano lasciato sulla tappezzeria. Scelsi un distributore molto frequentato sperando che qualcuno vedesse e adottasse i due meticci. Legai rapidamente il loro guinzaglio al guardrail e, per non lasciarmi impietosire, cercai di andarmene il più rapidamente possibile. Purtroppo però, a causa della mia incauta manovra di retromarcia, uno dei due cani ebbe la peggio e l’altro rimase a vegliarlo.

Ad una settimana dall’esibizione il Comandante si era finalmente presentato con i nuovi interpreti, ben tre esemplari maschi di levriero russo presi in prestito gratuito da Condello, il facoltoso faccendiere che sponsorizzava qualsiasi evento in zona. Si conobbero quando Condello era ancora agli inizi e si manteneva organizzando combattimenti clandestini tra nani. Franzese intervenne con la Municipale per una segnalazione di rumori molesti e tornò a casa con 500€ grazie alla puntata su quello vestito da Batman.

Il grande giorno era arrivato. Franzese aveva deciso di chiamare la sua opera vivente “Punizione esemplare”. A mia insaputa aveva sistemato un pannello all’ingresso con le immagini del muro del tribunale da me impiastrato. Poche parole introducevano la performance. “L’artista intende punire il degrado cittadino applicando come sanzione l’umiliazione pubblica che diventa catarsi morale del reo, il passaggio dalla barbarie alla civiltà”.  

Intanto la sala era gremita ed era il momento di iniziare. I cani facevano il loro ingresso e l’attenzione del folto pubblico era massima. Un silenzio tombale. Io aspettavo dietro le quinte. Gli aitanti levrieri si aggiravano guardinghi con i loro musi aguzzi e dondolanti, intanto scorrevano barbosi e inutili minuti. Il pubblico iniziava a spazientirsi. Così dalle quinte avevo iniziato ad attirare la loro attenzione con dei cenni per stimolarli, d’altronde durante le prove aveva funzionato.

«Dai, sù!».

«E fatela...».

Nulla. Uno di loro, infastidito dalle mie pretese, aveva anche iniziato a ringhiarmi contro. Dopo circa venti minuti avvenne l’atteso parto e io, con grande aplomb, feci il mio ingresso in scena.

La mostra fu un caso nazionale. Ad occuparsene non furono solo le riviste di settore ma anche alcune trasmissioni TV nazionalpopolari. Dopo settimane di critiche, scalpore e polemiche il successo arrivò davvero, e sembrò inarrestabile. Si vociferava addirittura che il nome di Carlo Franzese fosse già noto nell’elite mondano-culturale di New York e che presto si sarebbe potuta ripetere la performance al MoMA.

Il comandante divenne irreperibile, mi dissero di provare a contattare il suo agente. Dopo una decina di tentativi a vuoto riuscii a parlare col procuratore. Si complimentava per l’esibizione ma era spiacente di comunicarmi che non avrei fatto più parte del progetto, sottolineando che la paternità dell’opera spettava in tutto e per tutto al Comandante Franzese, così com’era scritto sulla liberatoria che avevo firmato settimane prima. Disse però che avevo diritto al 10% di sconto sul DVD autografato e sulla t-shirt celebrativa.

Se penso che per una tale farsa mi avevano pure costretto ad abbandonare dei cani innocenti, mi sento oltremodo ferito. A proposito, qualche giorno dopo l’esibizione avevo avuto il piacere di rincontrare il quattrozampe superstite proprio davanti casa. Fu quando mi ritrovai di fronte a degli striscioni che mi definivano ASSASSINO e ad uno sparuto ma accanito gruppo di manifestanti che voleva farmi la pelle. Le telecamere a circuito chiuso della stazione di benzina avevano ripreso l’abbandono ed ero diventato una sorta di ricercato sui social network e sulle reti animaliste. Me la cavai egregiamente, senza riportare conseguenze fisiche di rilievo, con diversi sputi e qualche strattone.

Nei giorni successivi l’ordine venne ripristinato ma rincasando trovai un’altra sorpresa. Sotto i volantini con il detersivo in offerta 3x2 che sovrastavano la scritta NO PUBBLICITÀ spuntava una busta verde che ero ansioso di aprire. Secondo l’art.639 del codice penale l’ammenda per aver imbrattato un muro era di 300€ tondi tondi, la prestigiosa firma sul verbale quella di Carlo Franzese.

Roberto Ugolini

Via Tagliamento n.2/E

61033 - Fermignano(PU)

Cell: 3388689182

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